Alpi Fracesi, Thomas e Ebba sono i genitori di Vera e Harry, sono svedesi e in vacanza in un bellissimo resort per godersi una vacanza sulla neve. Un giorno dopo aver sciato, mentre siedono ad un ristorante all’aperto una valanga si dirige verso di loro…
Sono contenta di vedere un lungometraggio di Ruben Ostlund, avevo già visto un suo cortometraggio a Concorto 2013, nel focus Svezia, me lo ricordo bene camera fisssa per tutto il tempo sulla scena, un corto divertente e originalissimo. Come ho già detto i film che provengono dal Nord hanno qualcosa che va oltre il solito cinema, lo abbiamo constatato di recente nel film che ha vinto il leone di Ross Anderson, anche li camera fissa come un marchio di fabbrica. Questo film attraverso la reazione molto differente dei due coniugi, ad affrontare un pericolo che li può travolgere, mette in atto un gioco psicologico che ricorda moltissimo le dinamiche di Bergman in “scene da un matrimonio”. Sovverte la serenità familiare perdendo all’improvviso l’armonia, che non risparmierà nemmeno la tranquillità dei piccoli, ben partecipi a questo inaspettato disagio familiare, lo percepiscono come una possibile separazione. La valanga è una metafora interiore. La camera insiste sulla suggestione della luce smagliante della neve, fa entrare lo spettatore in un thriller psicologico freddo, come un gioco di specchi. Gli attori sono tutti sconosciuti tranne Brady Corbet e tutti bravissimi. Non mi è sfuggito un errore, credo sicuramente voluto, a un certo punto al tavolo parlano i due protagonsti ad un’altra coppia la macchina stacca su di loro, poi torna di la dal tavolo e la donna indossa una maglia di un altro colore, ritorna di fronte ed ecco la maglia del colore di prima, credo sia un tocco di sottile ironia verso lo spettatore una sfida a cogliere l’attenzione o a distrarlo dal discorso, ottima idea. Arricchiscono l’intero schema del film le immagini sul bianco abbagliante e l’architettura degli interni, tanto moderna quanto claustrofobica, la colonna sonora anche questa molto particolare ci propone un suono sempre con la stessa tonalità, accrescendo l’atmosfera già abbastanza inquietante, il tutto fa presagire ad uno sconvolgimento dell’animo in modo psicologicamente destabilizzante. Non è solo un film ma una esperienza visiva e sensoriale di alto livello.
Voto 8
Milena
Forza maggioreultima modifica: 2015-05-18T09:29:06+02:00da
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Impossibile non ricorrere al latino per descrivere una pianta, ogni regionalismo comporta nomi diversi che ingenerano confusione. In Botanica il nome in latino consente di non essere fraintesi qui come in Cambogia o in Perù, solo per fare un esempio.
Per altre questioni d’accordo: niente latino.
Ciao, haffner
Inquietante questa novità ho fatto un autocommento mi devo approvare :)))))))? Non solo ma mi mette nello spam, la mail del commento non arriva, il sistema è impazzito!
La pianta in questione è il LABURNUM ANAGYROIDES, detto volgarmente Maggiociondolo. Appartiene, secondo la sistematica odierna, alla famiglia delle FABACEAE, però io preferisco collocarla ancora nella famiglia delle LEGUMINOSACEAE (in caso contrario dovrei buttare al vento le fatiche superate a suo tempo in ben quattro esami di Botanica generale e sistematica).
Appena possibile ti farò avere la foto del LABURNUM ALPINUM.
Ciao Milena, grazie del gentile commento.
haffner
Haffner ti aveva messo nello spam myblog. Ok, ho capito, non l’ho mai visto deve essere un fiore di montagna. Però lascia perdere il “latinus” per favore che non ho mai sopportato, stiamo sul contemporaneo se puoi?!
ciao