Quel gran pezzo dell’…..Emilia

       
Titolo Quel gran pezzo dell’Emilia. Terra di comunisti, motori,
musica, bel gioco, cucina grassa e italiani di classe
Autore Berselli Edmondo
Dati 145 p., rilegato
Anno 2004 
                                                                               s

C’è una terra dai confini indefiniti che è il Sud del Nord e il
Nord del Sud: qualcuno la chiama Emilia. Due passi più in là prende i
colori della Romagna. Guarda con curiosità Milano. Passa il Po ed è di
casa a Mantova. Forse è un laboratorio politico, dove si aggirano
ancora vecchi comunisti pragmatici per i quali il socialismo era
“il capitalismo governato da noi”, insieme a mortadelle dal
volto umano, cinesi importati e vecchi punk che sembrano la
reincarnazione di Ligabue (nel senso di Antonio, il pittore). Questo
libro racconta un paese che è un frammento d’Europa, una fetta di
mondo che potrebbe rivelarsi ancora un modello politico ed è senza
dubbio un modello psicologico.
Il sottotitolo recita: Terra di comunisti, motori, musica, bel gioco,
cucina grassa e italiani di classe. E il libro si snoda fra questi
temi condito di aneddoti sempre divertenti, veri, esagerati dalla mano
sapiente dell’umorista, o semplicemente verosimili. Leggendario
quello della sera in cui il compagno Molotov, pur satollo di lasagne,
chiedeva con insistenza di veder le armi (quelle pronte per l’ora
X) e venne portato, tra la nebbia e in gran segreto, in vista al
magazzino del fidato compagno casaro Jaures Boldrini. I
seicentosessanta pezzi del magazzino che Molotov, con abili
stratagemmi, vide solo dall’esterno, non erano (ovviamente)
arrugginiti ferri insurrezionali, ma pacifiche forme di grana padano
stagionato. C’è un compiacimento tutto emiliano nei lunghi elenchi
di salumi, nel parlare di Ferrari roboanti e dei cantori indigeni,
però Berselli celebra la sua piccola patria da figlio irriverente. Non
c’è traccia di stucchevole campanilismo e il filo rosso che
conduce la narrazione, più del calcio e dei tortellini, è la
rivendicazione orgogliosa della via emiliana al socialismo.
Quell’alchimia sociopolitica capace di coniugare benessere ed
equità, ricchezza e senso civico, sviluppo economico (privato) e
servizi sociali di eccellenza. Un orgoglio che per altro non cela le
ombre e i conflitti di una terra diversa dalla favola consociativa di
una società da sempre concorde e pacificata dietro le bandiere rosse.
Si ricorda lo stillicidio di violenze dell’immediato dopoguerra
cui nel 1946 Togliatti aveva dovuto energicamente porre fine con il
discorso di Reggio Ceti medi ed Emilia rossa, e che il sodalizio, pur
in tempi di benessere acquisito (che certo molto aiuta a convivere
serenamente), non è mai stata una conquista stabile e indiscussa: il
vulnus bolognese del ’77 e la recente ed effimera conquista di
Bologna da parte di Guazzaloca lo insegnano. Il racconto, che mai
rinuncia al tono faceto, si concede a tratti riflessioni più serie
sulla “fatica tremenda (fatta) affinché il social-capitalismo
emiliano non sembrasse politicamente eretico”. Per l’autore
il segreto dei saggi e pragmatici dirigenti locali (sindaci e
amministratori di prim’ordine) è stato quello di aver
“evitato qualsiasi tentazione di trasportare sul piano politico
la propria particolarità. In casa, con la supremazia delle opere, si
poteva fare una tranquilla professione socialdemocratica;
all’esterno, dove contavano le parole, e a Roma, dove contava la
linea della segreteria, si pronunciavano poche ovvietà
tardomarxiste…”. Una schizofrenia tra prassi e teoria a ben
vedere non solo emiliana.

Conosco le tue nebbie e i tuoi silenzi, le mattine fredde e grigie e le notti stellate e afose,  gli orizzonti lunghi e piatti, ma alzi un pò lo sguardo e vedi le colline che tante volte  ho percorso respirando i tuoi profumi, il grande fiume che ti porta nella “bassa” come diciamo qui.
Conosco la tua gente, spesso sorridente, a volte chiusa e diffidente, ma pronta a darti fiducia, ma non senza la garanzia di qualcosa di più, come la stima o il rispetto.
Sono nata qui, in questa “terra di mezzo”, al confine di due regioni e più precisamente: tra Milano, Cremona, Pavia, Genova e Parma; in mezzo a tutto ciò sono sempre a casa mia.

Milena

N.B.-questo post non vuole avere nessuna pretesa, il libro parla della mia regione che è anche quella dei miei avi e genitori ed è quella che conosco meglio, l’Italia è tutta meravigliosa e molte regioni sono molto più belle dell’Emilia e ci invidiano in tutto il mondo, ma non posso parlarne così ampliamente, perchè non mi appartengono così tanto. 

PS: riguardo al blog ho tel in mattinata e mi hanno detto che per ora non chiudono…

“Ci ha lasciato un gigante” parole di Chirac – Addio a PHILIPPE NOIRET 1930-2006

(ps:leggetevi la risposta di virgilio riguardo i problemi nel post precedente)

Quel gran pezzo dell’…..Emiliaultima modifica: 2006-11-23T19:35:00+01:00da milfer
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