Un indovino mi disse (e non è un copia incolla)

Evviva le navi! Con il loro ansimare, scuotere, sospirare; con il loro
giorire delle onde, con il loro godere nell’amplesso del mare, le
navi sono a misura d’uomo. Teniamole in vita con una prova
d’amore. Usiamole per far felici gli ultimi romantici. Usiamole
per salvare i depressi! facciamo viaggiare sulle navi chi non sopporta
più il peso della vita, chi non vede ragione per tirare avanti, chi
si sente soffocare, e risparmieremo quintali di pasticche, faremo a
meno del Valium e del Prozac. Dopo cena m’ero messo a poppa con lo
sguardo perso nell’infinità del cielo, ero distratto da pensieri
che giocavano a rincorrersi, e mi parve che grazie all’indovino di
Hong Kong, stavo ritrovando non solo il piacere di viaggiare, ma anche
quello di vivere. Non avevo più angosce, non sentivo più come un dramma
il passare delle giornate, ascoltavo chi mi parlava, godevo di quel
che mi succedeva intorno, avevo agio per mettere ordine nelle mie
impressioni, per riflettere. Avevo tempo e silenzio: qualcosa di così
necessario, di così naturale, ma ormai diventato un lusso che solo
pochissimi riescono a prmettersi, Per questo dilaga la depresione!
A me era cominciata in Giappone. la vita era una continua corsa. Ogni
rapporto era difficile, contorto. mi pareva d’avere sulle spalle il
fardello del mondo: c’erano
giorni in cui il solo vedere il pacco dei quotidiani mi faceva venire
il groppo in gola.
Ovviamente il Giappone in sè, con la sua società tutta in una camicia di
forza, con la sua gente sempre a recitare una parte e mai naturale, era
opprimente. Ma io pagavo anche il prezzo di questo strano mestiere di
giornalista. Si è sempre là dove c’è un qualche dramma e non si può
assistere per anni, impunemente, a rivoluzioni fallite, delitti
irrisolti, speranze deluse, problemi senza soluzione. Vietnam,
Cambogia, Tien An Men: sempre cadaveri, gente che scappa e, lentamente
la convinzione che niente serve a niente e che il momento della
giustizia non arriverà mai. Alla fine anche le parole, usate e riusate
per descrivere sempre le stesse situazioni, gli stessi massacri, le
facce dei morti e i pianti dei sopravvissuti mi parevano aver perso
ogno loro significato. Tutte mi suonavano ormai come cocci rotti.
In quelle condizioni era naturale essere depresso,come è naturale che
lo sia per chiunque abbia ancora un’idea di quel che la vita
potrebbe esere e non è. la depressione diventa un diritto, quando uno
si guarda intorno e non vede niente o nessuno che lo ispiri, quando il
mondo sembra scivolare via in una gora di ottusità e di grettezza
materialista. Non ci sono più ideali, non ci sono più fedi, non ci
sono più sogni. Non c’è più niente di grande in cui credere; Non
un maestro cui rifarsi.
Raramente l’umanità è stata, come in questi tempi, priva di figure
portanti, di personaggi di luce. Dov’è un grande filosofo, un
grande pittore, un grande scrittore, un grande scultore? I pochi che
vengono in mente sono sprattutto fenomeni di Marketing.
La politica, più di ogni altro settore della società, specie quella
occidentale, è in mano ai mediocri, grazie proprio alla democrazia,
diventata ormai un’aberrazione dell’idea originale, quando si
trattava di votare se andare o no in guerra contro Sparta e poi…di
andarci davvero, andarci di persona, magari morire. Oggi, per i più
democrazia vuol dire andare ogni 4 o 5 anni a mettere una croce su un
pezzo di carta ed eleggere qualcuno che, proprio perchè deve piacere a
tanti, ha necessariamente da essere medio, mediocre e banale come sono
tutte le maggioranze. Se mai ci fosse una persona eccezionale, qualcuno
con delle ideee fuori del comune, con qualche progetto che non fosse
quello di imbonire tutti promettendo la felicità, quel qualcuno non
verrebbe mai eletto,. Il voto dei più non lo vorrebbe mai.
E l’arte, quella scorciatoia della percezione di grandezza? Anche
lei non aiuta più la gente a capire l’essenza delle cose. La
musica sembra ormai fatta per arrivare alle orecchie, non
all’anima; la pittura è spesso un’offesa agli occhi; la
letteratura, anche lei, è sempre più dominata dalle leggi del
“mercato”. E chi legge più di poesia? il suo valore
esaltante è stato dimenticato! Eppure una poesia può accendere nel
petto un calore, forte come quello dell’amore. Una poesia, meglio
di tutti i whiskies, meglio del Valium e del Prozac, potrebbe
“tirare su”,sollevare l’animo, perchè alza il punto di
vista da cui guardare il mondo. Quando ci si sente soli ci sarebbe da
trovare più compagnia nel leggere dei bei versi che nell’accendere
la televisione!
Angela (Terzani) dice che, se dovesse eliminare una delle invenzioni di
questo secolo, ancor prima della bomba atomica, eliminerebbe la
televisione. Non ha tutti i torti. La televisione riduce la nostra
capacità di concentrazione, ottunde le nostre passioni, ci impedisce
di riflettere, imponendosi come il più importante – quasi il solo –
veicolo di conoscenza. Eppure nessuna verità è più falsa di quella
della televisione che, per sua necessità trasforma ogni avvenimento,
ogni emozione, in uno spettacolo; con il risultato che nessuno riesce
più a commuoversi o a indignarsi pe qualcosa. Attraverso la
televisione abbiamo immagazzinato milioni di informazioni, ma siamo
diventati moralmente ignoranti. La televisione distrae, fa passare il
tempo! ma è davvero quel che vogliamo?
Più ci si guarda attorno, più ci si rende conto che il nostro modo di
vivere si fa smpre più insensato. Tutti corrono, ma verso dove? perchè?
Molti sentono che questo correre non ci si addice e che ci fa perdere
tanti vecchi piaceri. “Fermi! Cambiamo strada”? Eppure se fossimo spersi in una
foresta o in un deserto, ci daremmo da fare per cercare una via
d’uscita! Perchè non far lo stesso con questo benedetto progresso che
ci allunga la vita, ci rende più ricchi, più sani, più belli, ma in
fondo ci fa anche sempre meno felici?
Non c’è da meravigliarsi se la depressione sia diventata un male
tanto comune. E’ quasi rincuorante. E’ un segno che dietro la
gente resta un desiderio di umanità.
All fine di 5 anni a Tokyo, sempre in mezzo ai suoni, ai rumori, alla
folla, mi sentivo addosso come un velo e decisi che dovevo curarmi.
Dopo aver chiuso casa e mandato mobili e libri in Thailandia, mi rasai
la testa, e come un pellegrino, andai a scalare il monte Fuji: Scrissi
il mio ultimo articolo sull’inquietante Giappone, visto
dall’altro di quella montagna sempre meno sacra; poi mi ritirai in
una baita in mezo ai boschi in provincia di Ibaragi. per un mese. Non
avevo nessuno con cui parlare, tranne il cane, Baoli, che m’ero
portato dietro. Passavo ore a leggere, ad ascoltare il vento fra gli
alberi, a guardare le farfalle, a godere del silenzio. Dopo anni
passati a pensare al destino dei vietnamiti, dei cambogiani, del
consumismo, dei cinesi, alla minaccia del Giappone, al futuro,
finalmente avevo il tempo di avere tempo. La natura, la straordinaia
natura, mi dette una mano e mi rimise in sesto.
Tornando in Europa, andai a vedere un famoso medico. “se a volte
il peso del mondo le dovesse parere davvero insopportabile, prenda una
di queste”, dsse e mi dette del Prozac. Da allora quella
scatolina, mai aperta, ha sempre viaggiato con me, assieme al
passaporto, ai libretti degli assegni, e con il tempo è diventata una
sorta di portafortuna, come l’olio di Dukun, o la striscia di
carta verde della sciamana di Singapore. Non immaginavo quanto utile
mi sarebbe stata un giorno.

Tiziano Terzani 1938 2004

Un indovino mi disse (e non è un copia incolla)ultima modifica: 2006-10-23T15:55:00+02:00da milfer
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